Collezione privata, Milano
(...) Umberto Cavenago costruisce due travi in lamiera zincata, di cui la prima viene collocata lungo lo scalone seguendo l'andamento dei gradini, la seconda attraversa in diagonale una delle sale congiungendo in verticale due angoli opposti.
Mentre in altri lavori il non sense del titolo nell'evidente contraddizione con la struttura inaffidabile dell'oggetto appariva chiaramente, qui l'idea proposta, del sostegno, ricorrente nella ricerca di Cavenago, più che essere affermata e insieme negata dall'ironia dell'elemento contrastante (le ruote instabile) si smentisce nei fatti per la sua stessa inutilità.
L'installazione trova piuttosto la sua ragione di esistere in un curioso rapporto, di assecondamento con la scala, ad esempio, e quindi di armonia con l'ambiente, e di proposta diversa, che in un caso allude a una coincidenza degli opposti geometrici conciliabili, nell'altra delinea una variante particolare di progettualità architettonica volutamente contenuta ma proiettata con evidenza.
La linearità del taglio crea un efficace effetto di spaesamento che non entra mai in conflitto con lo spazio.
Vittoria Coen, Arte e cornice, 1990; Palazzo Moroni, Bergamo (cat.)
Dal punto di vista statico, nell’elemento strutturale "trave", sono strategici i punti di vincolo.
Nel caso delle travi di Cavenago, alle estremità dell’artefatto sono montate due ruote che svincolano l’elemento dalla staticità.
Le travi si adattano allo spazio che le ospita collegandone i punti estremi, il più delle volte trasversalmente come nell’installazione in una delle sale al piano nobile di Palazzo Moroni, antica dimora storica nel cuore di Città Alta a Bergamo, dove tra i preziosi arredi e i dipinti della collezione, due punti opposti nella stanza venivano collegati dall’opera.
Diversamente dalle travi, che hanno dimensioni fisse studiate per lo spazio espositivo, i “telescopici”, come dispositivi meccanici, si compongono di elementi che scorrono l’uno nell’altro: un sistema dalle dimensioni variabili.
Ne risulta un congegno che si adatta di volta in volta allo spazio che lo contiene, la stessa opera quindi con la sua versatilità può essere installata in differenti spazi semplicemente regolandone la lunghezza.
Vittoria Coen, Arte e cornice, 1990; Palazzo Moroni, Bergamo (cat.)
Installazione a Palazzo Moroni, Bergamo
Photo © Studio Blu, TorinoCollezione privata, Milano
(...) Umberto Cavenago costruisce due travi in lamiera zincata, di cui la prima viene collocata lungo lo scalone seguendo l'andamento dei gradini, la seconda attraversa in diagonale una delle sale congiungendo in verticale due angoli opposti.
Mentre in altri lavori il non sense del titolo nell'evidente contraddizione con la struttura inaffidabile dell'oggetto appariva chiaramente, qui l'idea proposta, del sostegno, ricorrente nella ricerca di Cavenago, più che essere affermata e insieme negata dall'ironia dell'elemento contrastante (le ruote instabile) si smentisce nei fatti per la sua stessa inutilità.
L'installazione trova piuttosto la sua ragione di esistere in un curioso rapporto, di assecondamento con la scala, ad esempio, e quindi di armonia con l'ambiente, e di proposta diversa, che in un caso allude a una coincidenza degli opposti geometrici conciliabili, nell'altra delinea una variante particolare di progettualità architettonica volutamente contenuta ma proiettata con evidenza.
La linearità del taglio crea un efficace effetto di spaesamento che non entra mai in conflitto con lo spazio.
Vittoria Coen, Arte e cornice, 1990; Palazzo Moroni, Bergamo (cat.)
Dal punto di vista statico, nell’elemento strutturale "trave", sono strategici i punti di vincolo.
Nel caso delle travi di Cavenago, alle estremità dell’artefatto sono montate due ruote che svincolano l’elemento dalla staticità.
Le travi si adattano allo spazio che le ospita collegandone i punti estremi, il più delle volte trasversalmente come nell’installazione in una delle sale al piano nobile di Palazzo Moroni, antica dimora storica nel cuore di Città Alta a Bergamo, dove tra i preziosi arredi e i dipinti della collezione, due punti opposti nella stanza venivano collegati dall’opera.
Diversamente dalle travi, che hanno dimensioni fisse studiate per lo spazio espositivo, i “telescopici”, come dispositivi meccanici, si compongono di elementi che scorrono l’uno nell’altro: un sistema dalle dimensioni variabili.
Ne risulta un congegno che si adatta di volta in volta allo spazio che lo contiene, la stessa opera quindi con la sua versatilità può essere installata in differenti spazi semplicemente regolandone la lunghezza.
Vittoria Coen, Arte e cornice, 1990; Palazzo Moroni, Bergamo (cat.)
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